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Condannato per aver stuprato una 16enne a una festa di Capodanno. L’imputato: “Rido lo stesso”

Patrizio Ranieri è stato condannato a cinque anni e mezzo di carcere con l’accusa di aver stuprato una 16enne durante una festa di Capodanno a Roma.
A cura di Natascia Grbic
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Patrizio Ranieri è stato condannato a cinque anni e mezzo di carcere con l'accusa di aver stuprato una ragazza durante una festa di Capodanno a Roma, nel quartiere Primavalle. I giudici hanno riqualificato il capo d'imputazione, passato da stupro di gruppo a violenza sessuale singola. L'accusa aveva chiesto dodici anni e sei mesi di reclusione. "Io non ho fatto niente, ho la coscienza pulita. A me non mi ha ammazza niente. Io rido sempre", il commento del ragazzo, a seguito della sentenza.

I fatti sono avvenuti durante una festa di Capodanno organizzata da due gruppi di ragazzi e che si è svolta in una villetta a Primavalle, quartiere alla periferia di Roma. Qui Sara (nome di fantasia, ndr) ha riferito di essere stata abusata da numerose persone mentre era incapace di intendere e di volere. Dopo aver denunciato gli stupri, è stata minacciata dai suoi ex amici e anche dai loro genitori, che volevano finisse tutto sotto traccia. Oggi la giovane non vive in Italia, ed è stata per lungo tempo all'estero in una comunità protetta.

Per quanto accaduto durante quella festa, sono sotto processo due minorenni, mentre per un ragazzo maggiorenne la procura ha chiesto il rinvio a giudizio. Al momento, quindi, l'unico condannato per lo stupro di gruppo è Patrizio Ranieri.

L'associazione: "Vittoria a metà"

"Ci aspettavamo molto di più, cinque anni e mezzo non è molto, anche se dall'atteggiamento che ha avuto l'imputato era sicuro di essere assolto – commenta a Fanpage.it Bo Guerreschi, presidente di Bon't Worry, associazione che ha supportato la vittima psicologicamente e legalmente dall'inizio – Speravamo fosse dato un esempio chiaro e determinato. Ogni sette minuti una donna viene stuprata: non è più possibile attendere anni per avere una condanna e poi sentirsi dire dai predatori ‘ma tanto non ci fanno niente', perché è una vergogna. Aspettiamo le motivazioni della sentenza, che non riteniamo totalmente negativa perché la ragazza è stata creduta. Buttare però fuori l'associazione perché non sta simpatica dopo tutto il lavoro fatto, e ridurre il capo d'imputazione a violenza singola, ci porta a pensare che una parte di giustizia è fallita. Le associazioni vanno rispettate, credute e sostenute. Noi non siamo contro i tribunali, lavoriamo con i tribunali: quello di cui veniamo a conoscenza noi, stando con le vittime, loro non lo vengono a sapere. Serve più rispetto da parte della giustizia".

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